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Elearning fai da te? Vi spiego perché non funziona.

Created: Friday, 19 November 2021 09:09

Di Nicola Barbaro

Personalmente, amo creare le cose da me. Da sempre. Partire da zero, costruire, sbagliare, buttare via, riprovare, risbagliare, aggiustare. Se poi penso che online è disponibile un how-to-per-tutto, è davvero possibile non annoiarsi mai se siamo mossi dalla passione. L’avete capito, stiamo parlando di “DIY”, Do-it-yourself. Il fai da te (e l’arte di arrangiarsi).

Il termine circola addirittura dai primi del ‘900, ma è nel secondo dopoguerra che si diffonde rapidamente grazie al diffondersi di un trend che portava le persone a migliorare da sé le proprie abitazioni o a costruire piccoli oggetti artigianali. Più avanti, si è diffuso e si è esteso a una pletora di attività creative e oggi, grazie ai social media, investe quasi tutto.

Anche l’elearning.

Ma è davvero così? Le logiche del DIY sono applicabili anche all’elearning?

La formazione online sta vivendo un periodo in un certo senso “glorioso”, chi lavora nel settore lo sa. Forse si raccolgono i frutti di una semina iniziata (per quanto riguarda l’Italia) almeno 20 anni fa. Certamente il Covid ci ha messo del suo, rendendo necessario più di prima “portare” dentro casa la formazione che iniziava in azienda, in aula o nelle sedi tradizionali.

L’elearning ha aiutato a “ridurre la distanza” anche quando il lockdown ha reso palese che non era possibile ridurla.

L’offerta di formazione è quindi molto ampia e a produrre i corsi talvolta ci pensano le stesse aziende che normalmente devono soddisfare il fabbisogno formativo, utilizzando risorse al proprio interno. Oppure, i corsi vengono prodotti da provider meno scontati: chi non faceva dell’elearning il proprio core-business, professionisti di varia estrazione e DIYers, appunto.  

La disponibilità di authoring tools la cui curva di apprendimento è relativamente bassa (non certo in assoluto, ma per un livello basic l’aggettivo non credo si presti a correzioni), la presenza di immense librerie multimediali e di templates, le guide in rete, e l’abilità delle persone, sono elementi che hanno forse aiutato il processo.

È quindi possibile autoprodursi con poche, talvolta pochissime risorse, dei corsi belli, ingaggianti, efficaci?

La risposta è “dipende”.

Ho volutamente tenuto fuori fino adesso un fattore fondamentale, se non “il” fattore fondamentale: il team di progetto e la sua esperienza. In altre parole, le persone che analizzano, progettano, scrivono, sviluppano, disegnano e, nelle fasi successive alla consegna, forniscono il supporto necessario al cliente. Proviamo a conoscerli brevemente, sebbene senza alcuna pretesa di esaustività (molto spesso sono molti di più!).

Un materiale del corso ragionato e ben strutturato da un esperto della materia è la base. Tocca poi all’instructional designer svolgere l’analisi preliminare, scomporlo, lavorare sulla struttura e sugli strumenti di valutazione, per poi trasformarlo in un’esperienza learning-friendly che risponda a obiettivi specifici e misurabili. Il graphic designer, con in testa gli obiettivi e lo spirito del progetto, deve riuscire a trasferirne tutti gli elementi in una cornice visiva coerente con il look and feel del cliente. Oltre a lavorare sulla user experience e sull’interfaccia di fruizione del corso, due elementi importanti almeno quanto il contenuto. Lo sviluppatore deve poi materialmente creare il corso e assicurarsi che rispetti tutti i requisiti di fruizione e tracciamento in una piattaforma LMS. A tenere le fila, il Project Manager che si assicura che ciascun tassello vada al proprio posto, oltre ad aiutare a mantenere le scadenze e a risolvere i conflitti.

Possono apparire considerazioni scontate, ma sono essenziali.

Ciascuno di questi ruoli è ricoperto da un esperto nel proprio campo e ogni persona è essenziale per il successo del corso. Sono questi professionisti che in una logica “DIY” vengono a mancare. E che spesso fanno la differenza.