Tang Ping: sdraiati e protesta

Sapete cos'è il Tang Ping?
Letteralmente significa “sdraiarsi a terra” ed è una filosofia di vita nata in Cina per dire basta alla pressione sociale. Una ribellione silenziosa alle interminabili ore in ufficio e alle esigenze di un mondo materialista.
Quando la società chiede di essere più produttivi per misurare il successo personale e sociale, la risposta è: non fare nulla, sdraiarsi a terra.

La generazione Z si sta staccando dal consumismo delle generazioni precedenti e sostenendo un ritorno a valori più incentrati sull'uomo. È una tendenza che va contro alcune delle tradizionali ambizioni economiche del Paese.
Tanti giovani hanno deciso di staccare dai ritmi frenetici e fare il minimo indispensabile sul luogo di lavoro. I loro valori sono incentrati sul rispetto per gli esseri umani e danno la priorità al loro tempo libero e alla cura della propria salute mentale.

La nostra mente vola subito alla canzone dello Stato Sociale, Una vita in vacanza, in cui ci si chiede: vivere per lavorare o lavorare per vivere?

E a valle della bufera innalzata dallo chef - Presentatore? Soubrette? Insomma, quello che fa veramente quando non è in giro a ribaltare le classifiche? - Alessandro Borghese e da altri rispettatissimi caratteri del settore della ristorazione e turismo che accusano i giovani di “non avere voglia di lavorare”, ci rendiamo conto che qualcosa sta cambiando anche in occidente e non solo in Cina.
Le nuove generazioni stanno rivedendo i valori classici e il modus operandi dei loro genitori e dei loro nonni.
Li chiamano i giovani della Great Resignation o la generazione YOLO, cioè coloro che abbandonano posizioni che richiedono di stare in ufficio per lunghe ore, e magari di lavorare anche nel weekend, per girare il mondo computer e zaino in spalla. Si sentono più produttivi e tra una sessione di surf e una di yoga: le idee schizzano, i livelli di concentrazione si alzano, la creatività viene incanalata in modo strategico e, in tutto ciò, lo stress diminuisce.

Per anni e anni la nostra società ha valutato gli individui in base alle ore passate sul luogo di lavoro, associando così il proprio valore personale al successo ed esaltando il sacrificio di disgregare la propria sfera personale per fare carriera.
Per dirla all’americana Hustle culture; si dedica sempre più tempo della propria vita al lavoro e in cerca di successo, prefissandosi obiettivi sempre più impegnativi e che permettono di essere celebrati socialmente. In poche parole, il lavoro non è un modo di mantenersi ma il fulcro dei propri giorni. Amen.
Questa mentalità viene rafforzata anche dal mito di fare “il lavoro dei propri sogni” che tende a identificare le persone con il proprio mestiere e nonostante possa essere soddisfacente fare di una passione un lavoro, bisogna sempre avere dei limiti (è vero, Borghese? Mi piacerà pure imparare a fare la cacio e pepe come la fai tu, ma lavorare turni di 10 ore e pure gratis… beh, anche no).

Cosa è successo per anni e anni quindi?
È successo che prendersi una pausa è equivalso a essere deboli o pigri e sfaticati. È successo che la salute mentale è andata a farsi benedire, perché le persone devono essere sempre splendide, splendenti e pronte a occuparsi di nuovi compiti.
Fortunatamente questo paradigma sta venendo sradicato e sta venendo distrutto anche dalla ricerca scientifica: chi lavora troppe ore presenta alti livelli di insonnia, ansia e depressione.
Prendersi una pausa quando necessario, staccare all’orario prestabilito da contratto (o comunque lavorare le ore scritte a contratto), riposarsi, andare in ferie: sono un DIRITTO del lavoratore (hai capito amico che fai il consulente in una della Big4? Non è che sei più figo di me perché stacchi alle 21, sei solo più…).

È importante quindi trovare un giusto equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.
Va bene essere ambiziosi, porsi degli obiettivi e dei goal nella vita. Va meno bene quando in essi vediamo l’unica ragione per darsi un valore.

Perché stiamo facendo questi ragionamenti?
Perché necessario. Necessario, perché stiamo vivendo in una società e in un mondo che cambiano.
Saltiamo da una crisi mondiale all’altra e i giovani talenti ne sono ben consapevoli, sanno di non doversi fare scappare l’occasione di cambiare le cose, sanno di dovere agire con coscienza e consapevolezza, ma sanno anche che per farlo necessitano un cambiamento nel mondo del lavoro. Aziende più inclusive, più green, più flessibili e smart. Ecco cosa chiedono. Un cambiamento della cultura aziendale e il giusto life-work balance dal proprio datore.
Un approccio che permette loro non solo di essere più produttivi e motivati sul lavoro, ma di potersi dedicare a ciò che ritengono importante per il proprio benessere.

E quindi sì, Tang Ping, e non rispondere sempre alle mail in tarda serata. Tang ping, non c’è bisogno di finire la presentazione il sabato mattina. Tang ping, se mi metti gli straordinari fuori busta.
Tang Ping, per un sacco di altre ragioni.

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