La Giornata Mondiale dell'Inclusione - World Inclusion Day - si celebra ogni 10 ottobre ed è dedicata a garantire che individui di varie abilità, background, età, razze, religioni, generi e altre caratteristiche siano accettati, accolti e trattati in modo equo. In questa data si celebra quindi l'inclusione e la valorizzazione di tutte le persone. Ogni anno la riflessione è dedicata in modo particolare ad un tema che per il 2023 è la disabilità intellettuale e dello sviluppo (IDD). Si tratta di ambiti che devono ancora affrontare l'esclusione, l'isolamento sociale e l'abuso sociale nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro e nelle comunità.
Gli ultimi anni hanno completamente ribaltato i paradigmi del mondo del lavoro. Una dinamica che si è praticamente rovesciata è quella legata alla fidelizzazione dei dipendenti: se fino a qualche anno fa il traguardo del posto fisso veniva visto come un mito da raggiungere, nell’era post pandemica il turn over aziendale è aumentato esponenzialmente, con aziende sempre più in difficoltà nel costruire e consolidare i rapporti con i propri dipendenti.  Lo smart working ha a tutti gli effetti aperto nuove possibilità ai professionisti: se prima i limiti geografici rappresentavano un vincolo, oggi attraverso i network online è possibile ambire a posizioni lavorative anche in aziende fisicamente molto lontane da noi, sfruttando tutti i vantaggi che la tecnologia ci mette a disposizione.
Il tema dell’accessibilità in azienda è estremamente attuale, non solo perché si tratta di uno dei punti su cui pone l’attenzione il PNRR, ma soprattutto perché stiamo vivendo un periodo storico in cui l’attenzione verso l’inclusione e l’abbattimento delle barriere sta crescendo sempre più. In ambito aziendale la tecnologia può essere un grande supporto all’accessibilità e innovazioni come la realtà virtuale e la realtà aumentata possono aiutare sia i processi di business che i processi di inclusione. Cominciamo col capire che cosa sono la realtà virtuale e la realtà aumentata, in cosa si differenziano e come possono essere integrate in un’azienda moderna.
Ormai l’esigenza di coinvolgimento e di autorialità delle persone nelle aziende sta spingendo alla proposizione di costrutti sempre più arditi e sofisticati. Si parla molto di  “consenso sistemico” e di “ownership cooperativa” fino ad immaginare un dialogo organizzativo nel quale il diritto di “voto” nelle decisioni strategiche abbia un valore nominale identico per tutti, indipendentemente dal possesso di quote azionarie: come nella democrazia politica, dove ognuno “nominalmente” ha n.1 diritto di voto. Non capita spesso di incappare nella declinazione manageriale di un dibattito sull’economia e la società nel suo insieme che comincia a farsi sentire e cioè quello del superamento della logica capitalistica pura all’interno del sistema liberale. In altre parole, se le idee si trasformano velocemente in prodotti e servizi e l’economia della conoscenza è in pieno sviluppo, i mezzi devono potersi allocare e riallocare velocemente dove le opportunità di crescita sono più alte seguendo “ il consenso” per come si forma ed evolve. Ciò vale non solo per il mercato dei capitali ma anche per il mercato delle persone, dei talenti e delle idee, all’interno delle aziende.
Come condividere le conoscenze all’interno di un’azienda La condivisione delle conoscenze all’interno di un’azienda, il knowledge management, è un’attività di fondamentale importanza sia per raggiungere gli obiettivi aziendali,  sia per la felicità professionale dei dipendenti. Sinora si è infatti sempre parlato di knowledge management dal punto di vista dell’azienda, sottolineando come la condivisione delle informazioni, delle conoscenze e delle skill sia di estrema importanza per aumentare la produttività dell’azienda stessa; ma con le nuove modalità di lavoro, in particolare con lo smart working, non è sempre facile sviluppare in maniera costruttiva i rapporti tra colleghi e quindi anche il passaggio delle conoscenze risulta più complesso.
Gli studi sul rapporto tra genitori e bambini hanno per lungo tempo riguardato solo il binomio mamma-bambino, in virtù del tempo che esse dedicano alla cura del neonato e dell'esperienza fisica di cambiamento del corpo che vivono in prima persona durante la gravidanza. In realtà negli ultimi 20 anni l'attenzione si è estesa anche al ruolo del padre nello sviluppo del bambino. Non partecipi del cambiamento fisico, ad essi è spesso riservato - dalla cultura, dalla tradizione, dalle istituzioni e dalle prassi - un ruolo di secondo piano nell'accudimento dei figli. 

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