Dare e ricevere feedback efficaci

Comunicare un feedback è dare a qualcuno la nostra opinione su una qualche sua azione o comportamento, con l’intenzione di aiutarlo a migliorare. Se già non ci viene spontaneo fare i complimenti per un lavoro ben svolto, ancora meno semplice è spiegare quello che non va, ma entrambe le situazioni sono importanti: sono tutti momenti costruttivi e di crescita in cui abbiamo un riscontro sulla qualità del nostro impegno, e possiamo capire la direzione verso cui andare, cosa mantenere e rafforzare e cosa invece possiamo migliorare.

Un buon feedback ci aiuta ad imparare e a crescere, sia personalmente che professionalmente.

Questo riguarda sia chi lo riceve, che chi lo dà. Solitamente però le persone non sono propense a comunicare un feedback, per la paura di offendere l’altro o di essere inopportuni. Anche ricevere un’osservazione negativa non ci fa certo molto piacere. Ma, a ben guardare, basta togliere l’intensità della reazione emotiva per comprendere che dare e ricevere feedback è sempre una cosa utile: è sempre meglio dire le cose come stanno, che stare zitti e fare finta di niente (per poi vedere le cose andare a rotoli). Chi ci comunica la sua opinione, anche se non è quella che vorremmo, ci fa un favore, perché ci aiuta a guardare le cose da un altro punto di vista. Ma qual è un buon feedback? Perché è diverso dall’elogio o dalla critica? Quali caratteristiche deve avere per essere realmente efficace? E quali sono le strategie per comunicarlo, e come superare le naturali resistenze a riceverlo?

Il feedback che nutre

Innanzitutto, cerchiamo di capire perché si utilizza la parola FEEDBACK. Letteralmente, è l’unione della parola «feed» (nutrire) con «back», ovvero ‘che torna indietro’. Questo termine che ci è tanto familiare, è stato coniato negli anni ‘60 con lo sviluppo della cibernetica, per indicare la risposta ad uno stimolo, ovvero la ‘retroazione’, l’azione che consegue ad un’azione precedente. Nell’ambito degli studi sulla comunicazione, più precisamente il feedback indica la risposta che diamo all’interlocutore che ci sta comunicando qualcosa, e in questo senso anche il silenzio è un feedback. Ma quello che più ci interessa è il feedback inteso in un senso ancora più specifico, e quindi il riscontro di un individuo ad un’azione, un comportamento o alla performance di un’altra persona. Questo feedback è intenzionale, e va pianificato e organizzato in modo da permettere all’interlocutore di comprendere al meglio il nostro messaggio e di modificare concretamente il suo comportamento.

La finestra di Johary

Perché è così importante dare, e soprattutto, ricevere feedback dagli altri? Non potremmo, da soli, ricavare i feedback dall’ambiente circostante, analizzando i risultati delle nostre azioni? La risposta è: no. Da soli, non siamo capaci di avere una visione completa della situazione. Il perché ce lo spiega la finestra di Johary, che prende il nome dai suoi due ideatori, Joe Luft e Harry Ingham. Questo modello ci aiuta a capire perché è importante ricevere un feedback dagli altri, illustrando il modo in cui l’Io si relaziona con sé stesso e con gli altri, attraverso quattro livelli cognitivi e relazionali.

 

 

 Lo schema combina due parametri: ciò che so (o non so) su di me, e quello che gli altri sanno (o non sanno) su di me. Combinando questi fattori, si creano quattro “angoli”:

APERTO: quello che io so su di me e che racconto agli altri

SEGRETO: quello che io so su di me e che NON racconto agli altri

IGNOTO: quello che io NON so su di me e gli altri NON sanno

CIECO: quello che io NON so su di me e gli altri SANNO

E proprio quest’ultimo quadrante è il nostro “angolo cieco”, che riguarda appunto quello che noi non sappiamo di noi stessi ma che è evidente agli altri: una parte di noi che non potremmo vedere senza lo specchio delle altre persone. Ecco perché ricevere feedback è così importante. L’uomo è un animale sociale: le nostre strutture cognitive si sono sviluppate anche attraverso il supporto del gruppo con cui interagiamo.

 

 

Tipi di feedback

I feedback non sono tutti uguali. Una prima categorizzazione distingue fra il feedback rivolto al compito e il feedback rivolto al processo.

Il feedback rivolto al compito analizza la performance individuale, ovvero il COSA è stato fatto, l’output o il risultato raggiunto. Questo tipo di analisi è più efficace nelle attività meno complesse, perché l’informazione che riceve l’interlocutore sarà più precisa e contestualizzata. Il feedback rivolto al processo di realizzazione del compito, invece, analizza il comportamento operativo, ovvero il COME la persona esegue i suoi compiti. Questo tipo di approccio è utile quando si vuole analizzare l’attività di una persona nel suo complesso, piuttosto che focalizzarsi su un singolo task.

Se invece analizziamo il contenuto del messaggio, il feedback può essere di rinforzo o di riorientamento.

Si ha un feedback di rinforzo, comunemente detto ‘feedback positivo’, quando i risultati della persona sono in linea con gli obiettivi generali, e l’obiettivo della comunicazione del feedback è appunto stimolare l’altro a ripeterli e migliorarli. Si ha invece il feedback di riorentamento, o ‘feedback negativo’, quando invece si evidenzia all’altra persona dei comportamenti da modificare per incoraggiarla a sviluppare strategie alternative.

In realtà, non è del tutto appropriato definire il primo come positivo e il secondo come negativo. Infatti, è importante ricordare che sia il feedback di rinforzo che di riorientamento sono ‘positivi’ per la nostra crescita, perché rappresentano degli stimoli utili e importanti per «aggiustare» la rotta del nostro comportamento. In pratica, quindi, non esistono feedback negativi ma solo feedback positivi!

Elogio, critica o feedback?

“Adoro il tuo modo di vestirti! Continua così!” 

“Ti vesti in modo orribile! È impossibile guardarti!”

Quante volte abbiamo pronunciato frasi come queste? Se il nostro interlocutore sarà felice di pavoneggiarsi nel primo caso, o nel secondo caso si sentirà estremamente imbarazzato nell’essere criticato così apertamente…. In entrambe le situazioni, non saprà cosa fare!

La lode ci indica che sdiamo sulla strada giusta, ma di per sé non indica quale comportamento è quello giusto. Se invece ad esempio avessimo detto all’interlocutore: “Vedo che ti sta molto bene quel cappello, noto che è coordinato con il colore della borsa. È molto gradevole vedere quest’armonia di tinte! Continua così!”. Ecco che avremmo trasferito all’altro un’informazione importante, che gli farà capire qual è stato esattamente il comportamento positivo e come ripeterlo nel futuro.

Allo stesso modo, se invece di rivolgere una sterile critica, avessimo detto: “Non mi piace proprio come ti sei vestito. I colori sono troppo stravaganti e non si combinano per niente! Staresti meglio con uno stile più classico”

In questo modo, il messaggio che comunichiamo non include solo un giudizio negativo, ma viene arricchita di altre informazioni specifiche su come riorientare il comportamento in modo efficace. L’altra persona sentirà che siamo dalla sua parte, perché percepirà che la nostra intenzione nel comunicare un feedback proviene dal nostro reale interesse di vederla migliorare, tutto a suo vantaggio. È per questo che tendiamo ad ascoltare di più i feedback che provengono da persone familiari, o amici, piuttosto che da estranei o da persone gerarchicamente superiori, dimenticando che, in entrambi i casi, le intenzioni possono essere buone.

Quali sono le caratteristiche di un buon feedback?

Come abbiamo appena visto che un feedback si differenzia dalla critica e dall’elogio perché dettagliato e specifico per la persona che lo riceve.

Ecco perché è sempre bene evitare i feedback “istintivi”, per non lasciarsi trasportare dalla componente emotiva, e piuttosto cercare di pianificare al meglio ciò che vogliamo comunicare. È bene prendersi un po’ di tempo per raccogliere quanti dettagli possibili per essere precisi e accurati: in questo modo potremo portare all’interlocutore degli esempi concreti del comportamento che vogliamo analizzare; esempi che saranno molto utili sia per rendersi conto della situazione che per aggirare eventuali resistenze a ricevere il feedback o a scaricare le responsabilità.

È anche fondamentale il modo in cui si comunica un feedback.

Un messaggio infatti non è composto solamente dal contenuto delle parole utilizzate, perché contiene sempre anche un aspetto di relazione, che riguarda il modo in cui viene comunicato, il contesto, la situazione ed il rispettivo ruolo degli interlocutori. La stessa frase, detta da un amico con un tono pacato, non avrebbe sortito lo stesso effetto della frase pronunciata dal nostro capo, magari in tono perentorio.

Si comunica non solo a parole ma, per la maggior parte, attraverso il linguaggio non verbale, che comprende sia la tonalità, il volume e l’intenzione espressa con la voce, che la postura e i gesti che assumiamo mentre comunichiamo.

Nel feedback dato per iscritto, come accade sempre più spesso, non solo nelle lettere di licenziamento ma anche nelle chat o email, viene a mancare tutta questa parte di linguaggio non verbale, per cui dobbiamo ricordarci di essere ancora più precisi ed inequivocabili, per evitare ambiguità, soprattutto nell’aspetto relazionale. Per iscritto è quindi meglio evitare l’uso di commenti ironici o pericolosi sottointesi.

In sintesi, un feedback produttivo:

  • si focalizza sulle le azioni concrete piuttosto che sugli atteggiamenti in generale
  • è orientato al futuro, piuttosto che indugiare sul passato: è giusto analizzare ciò che è successo, ma l’obiettivo è sempre concretizzare un cambiamento del comportamento da lì in avanti
  • è oggettivo, misurato in base agli obiettivi condivisi nell’organizzazione piuttosto che basarsi su osservazioni vaghe e personali
  • è multidirezionale, sia dal basso verso l’alto che dall’alto verso il basso, nella struttura gerarchica dell’organizzativa, perché tutti devono fare la loro parte nel segnalare pregi e margini di miglioramento, non solo i diretti superiori
  • è continuativo, nell’ottica di una dialettica costante all’interno del team di riscontro e revisione

Ed è per questo che all’interno di un’organizzazione è importante promuovere una cultura del feedback in grado di promuovere il giusto atteggiamento per affrontare i continui cambiamenti. È infatti provato che, quando i membri di un team sono abituati a dare e ricevere feedback costruttivi liberamente, migliorano i rapporti interni con i collaboratori e i rapporti esterni all’organizzazione, e le persone sono in grado di anticipare eventuali criticità sia interne che provenienti dall’ambiente esterno. Inoltre, aumentano gli stimoli allo sviluppo organizzativo e la spinta all’innovazione. Chi cresce in un’azienda orientata al feedback sa analizzare situazioni e contesti da più punti di vista, ed è abituato a verificare la situazione in itinere e non solo al momento dell’output.

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Nel corso, oltre a quanto visto in questo articolo, tratteremo anche questi altri argomenti:

  • Pianificare il feedback
  • Il processo del feedback di rinforzo e di riorientamento
  • I modelli di gestione del feedback (STAR, SSCC, ECC, sandwich, SAGRA)
  • Il linguaggio del feedback e gli errori da evitare
  • Gestire i conflitti
  • Gestire le emozioni nel feedback
  • Rispondere al feedback
  • Il self feedback
  • I follow up
  • I feedback seekers

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