Onboarding: piccola guida per non affondare

Il 2021 è stato un anno di grandi cambiamenti dal punto di vista lavorativo, oggi vogliamo porre in particolare l’attenzione su un numero: secondo i dati del Ministero del lavoro, il secondo trimestre del 2021 ha fatto segnare un incremento del 37% delle dimissioni volontarie rispetto al trimestre precedente e dell’85% rispetto allo stesso trimestre del 2020.

Prima del periodo smart working la percezione del lavoro in Italia presentava diverse sfaccettature: da una parte c’era la convinzione che le condizioni di lavoro e le opportunità lavorative, soprattutto per le nuove generazioni, non fossero eccessivamente stimolanti; dall’altra gli imprenditori lamentavano invece uno scarso impegno dei più giovani, poco propensi al sacrificio.

La verità stava nel mezzo? I dati del Ministero del Lavoro sembrerebbero dire di no.

Il grosso incremento dei licenziamenti volontari ci racconta un contesto in cui i professionisti hanno la possibilità di scegliere, in particolar modo tra due alternative: la prima è il lavoro in proprio, da liberi professionisti, la seconda è la ricerca di una nuova società con maggiori stimoli e una migliore condizione lavorativa; tutto ciò incrementato ovviamente dal fatto che le possibilità di trovare un nuovo lavoro sono aumentate grazie allo smart working, che ha ampliato il raggio da una scala locale a un livello nazionale, se non addirittura internazionale.

Un’altra considerazione che possiamo fare è legata alla qualità dei professionisti in fuga: è abbastanza probabile che chi decide di lasciare il proprio posto di lavoro abbia fiducia nei propri mezzi e nelle proprie skill, nonché la consapevolezza di potersi costruire una qualità di vita e professionale migliore.

A prescindere dal fatto che una persona decida di mettersi in proprio o di cambiare azienda, è abbastanza probabile che la motivazione che sta alla base di tale scelta sia la poca attrattività dell’azienda con cui si ha lavorato sino a quel momento. Viene dunque da chiedersi quale possa essere la causa di questa scarsa attrattività.

La risposta va probabilmente ricercata in due direzioni parallele: il lavoro in sé e i propri datori di lavoro.

È possibile infatti che una persona si trovi, nell’arco della propria carriera, a svolgere un lavoro non eccessivamente stimolante perché non rientra tra le sue passioni e sia stata colta l’occasione per provare una sorta di upgrade professionale. In questi casi non ci si più fare molto: a parità di condizioni economiche è normale che si scelga ciò che piace di più.

Ma se il lavoro dovesse piacere o la scelta fosse tra due mansioni considerabili alla pari, è probabile che le scelte aziendali, l’organizzazione interna e i livelli dirigenziali rappresentino l’ago della bilancia.
Si comincia infatti a dire che le persone non scappano dal lavoro, ma dai manager.

In queste settimane vi abbiamo parlato dell’OnBoarding, ossia dell’inserimento in azienda, elemento che genera appunto quell’attrattività aziendale di cui stiamo parlando.
Puoi leggere gli articoli qui:
- Sviluppare il senso di appartenenza dalla propria camera da letto (link);
- OnBoarding: ieri e oggi (link);
- Recruiting, OnBoarding ed Elearning.

L’OnBoarding è una di quelle pratiche che permette di creare un ambiente di lavoro stimolante, inclusivo e attrattivo. L’abitudine a questo genere di processi genera un luogo di lavoro in cui il professionista si sente impegnato come persona e non come meccanismo di un ingranaggio, si dà la percezione che ciò a cui ognuno contribuisce sia parte di un qualcosa in cui le proprie skill fanno la differenza.

La scarsa abitudine a includere le persone nella nuova realtà lavorativa, o eventualmente a permetterne la formazione o a gratificarle professionalmente anche dopo anni di collaborazione, può invece generare un progressivo allontanamento. Per questo si dice che le persone scappino dai manager, non dal lavoro: la responsabilità di chi gestisce un’azienda sta nell’ottenere risultati grazie all’impegno che si riesce a stimolare nei propri colleghi, mentre talvolta la tendenza è di pretendere i risultati dai propri dipendenti, senza dedicare del tempo a condividere i modi e le soluzioni per raggiungere degli obiettivi comuni.

Esiste un modo per fare sì che aziende, anche di modeste dimensioni, possano migliorare questo processo? Secondo noi sì e in questo vengono senz’altro in aiuto il digital learning e le diverse metodologie di apprendimento che può proporre, soprattutto se integrato con procedure già esistenti. Per questo motivo è importantissimo che i manager di ogni team si interfaccino con i vari stakeholder della fase di OnBoarding, raggruppino i diversi feedback derivanti sia dalle Risorse Umane che dal neoassunto così da poter personalizzare e rendere più proficua questa fase così delicata e così importante.

  • Partendo dal generale, ricordiamo che una buona piattaforma LMS aiuta in tutte le fasi del processo di Onboarding. In particolare mette a disposizione una serie di risorse fondamentali per il suo inserimento in azienda.
    Queste risorse possono essere sia di tipo asincrono che di tipo sincrono. In entrambi i casi è opportuno mappare una serie di punti di forza e di debolezza della nuova risorsa, così da proporgli alcuni corsi facoltativi o altamente consigliati per migliorare/compensare alcune skills/lacune.
    Una piattaforma ben strutturata ti consente di misurare lo stato e progressi delle diverse risorse e in base ai risultati si può decidere di personalizzare la OnBoarding experience.
  • Per quanto riguarda gli eventi sincroni, consigliamo, quando possibile, di parlare con il docente prima della lezione.
    In questo modo si può spiegare che tipo di persone si troverà davanti, quali sono i loro background ed esperienze, quali sono gli aspetti e gli elementi che i neoassunti hanno specificato essere importanti sia in fase di recruiting che nella primissima fase di OnBoarding. In questo modo il docente può evidenziare alcuni aspetti dell’argomento trattato tramite approfondimenti pertinenti e interessanti per le risorse.
  • Infine, quando si tratta di procurare percorsi di apprendimento asincroni, cerca di presentare le informazioni in maniera accattivante, suggestiva ma anche diretta.
    Anzitutto non inventarti nulla di nuovo, riutilizza il materiale aziendale già esistente (scaricabili, video, infografiche) ma rendilo più interattivo e inseriscilo all’interno di un pacchetto con uno storytelling sensato. Ad esempio, devi mostrare la policy riguardante la discriminazione di genere e il sexual harassement? Bene, crea degli scenari che mostrino le situazioni più tipiche anziché lasciare all’individuo l’obbligo di leggere una serie di regole e norme che magari non capirebbe fino infondo.
    Può essere interessante anche inserire alcuni video di colleghi e altri dipendenti dell’azienda che sono già passati dalla fase in cui si trova ora la nuova risorsa. Video-testimonianze, con suggerimenti e aneddoti che possano essere esempi di best practice acquisite con esperienza o di momenti di caos e fallimenti che sono accaduti e che potranno essere evitati tramite alcuni accorgimenti. Una bella idea potrebbe essere quella di inserire questi videoclip in un contesto gamificato, in cui la risorsa deve fare una sorta di caccia del tesoro e ogni video rappresenta da un lato un indizio per la fase successiva e dall’altro un premio (perché comunque le interviste lasciano sempre qualcosa). Se possibile, questo gioco può essere fatto in modalità sincrona permettendo ai neoassunti di intervistare personale selezionato; in questo modo l’engagement ne gioverebbe sotto ogni punto di vista.

Pochi accorgimenti per rendere l’OnBoarding più efficace, aumentare la possibilità che un neoassunto non abbandoni l’equipaggio e la nave non affondi!

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