La formazione digitale: più vicina alla comunicazione e più inclusiva

By Sabrina Lodi

Mi piace Leopardi. Ho scritto la mia tesi su Leopardi e continuerò a leggere Leopardi.

Leopardi, proprio come me, era affascinato dalla lingua italiana e non scriveva nulla senza prima consultare il Vocabolario degli Accademici della Crusca. E sapete perché? Perché Leopardi cercava una lingua adeguata al suo tempo e che gli consentisse di esprimere i propri pensieri.

Leopardi, come tanti altri autori sette-ottocenteschi, ci ha lasciato un grande insegnamento: la società cambia e la lingua insieme a essa.

Questi anni Venti ci hanno messo di fronte a numerosi cambiamenti e temi importanti sono entrati nella quotidiana discussione: eco-sostenibilità, digitale, innovazione, gap generazionale e identità di genere. Tutti questi hanno portato con sé un bacino di parole nuove, o di parole utilizzate con nuovi significati, e numerosi cambiamenti in ambito linguistico.

 

E quando si tratta di linguistica contemporanea non è possibile evitare di parlare di linguaggio inclusivo, cioè un linguaggio che permetta a chiunque di identificarsi nella scrittura.

Dal rapporto Society at a Glance (OECD, 2019) appare evidente che ad oggi sono sempre di più le persone che si identificano come parte della comunità LGBTQAI+, fortunatamente i più giovani riescono a dichiarare il proprio status con più facilità (dal rapporto solo l’1,4% delle persone nate prima del 1945 si auto‑identifica come LGBT, rispetto all’8,2% tra i cosiddetti millennial).

Comunicare con un linguaggio inclusivo, oggi, significa comunicare in modo più vicino alla realtà e che tenga presente l’identità di tutti.

Il settore che più asseconda e segue i cambiamenti sociali è proprio il marketing. Numerosi sono i brand e le aziende che stanno cambiando la propria immagine per raggiungere un target sempre più vario e ampio.

E l’e-learning?

L’e-learning ha subito una forte crescita nell’ultimo triennio, complice anche la pandemia, e si è trovato anche lui protagonista di diversi cambiamenti.

Uno di questi, secondo me, è proprio il fatto di avere instaurato un forte legame con la comunicazione; quest’ultima, non solo è sempre più utilizzata per pubblicizzare il prodotto aziendale in sé (il corso, per intenderci) ma influisce sul modo di progettarlo.

Infatti, essendo ormai una società sempre più alfabetizzata a livello comunicativo, abituata a grafiche accattivanti e a copy eclettici, necessitiamo di qualcosa di veramente attraente che ci tenga incollati allo schermo mentre svolgiamo il nostro corso.

E così i progettisti ora si danno un gran da fare sia per scrivere in maniera sempre più attuale e inclusiva, ma anche per trovare insieme al proprio grafico (o team) una soluzione che appaghi la vista.

L’e-learning, inoltre, si trova davanti alla necessità di rispettare e accontentare le esigenze di clienti sempre più attenti alla tematica della comunicazione inclusiva.

Se nel quotidiano la scelta di utilizzare un linguaggio inclusivo è lasciata alla libertà dell’individuo, la scrittura e la progettazione di corsi che si rivolgono a una popolazione aziendale ampia e diversificata non possono fare a meno di basarsi su una comunicazione rispettosa delle identità di genere, chiara ed efficace allo stesso tempo.

Per questo motivo nei corsi e-learning è un “TU” a seguire le lezioni, un “TU” che sceglie l’opzione corretta e un “TU” che rivede il suo punteggio finale al test.

Richiamo qui un elemento che fa parte dell’instructional design puro: il principio della personalizzazione di Ruth Clark e Richard Mayer, che nel loro libro E-Learning and the Science of Instruction affermano che le persone si sforzano di più per capire qualcosa quando sono impegnate in una conversazione.

Sembra che il nostro cervello sia programmato per prestare maggiore attenzione quando c'è un elemento sociale nel mix, il “TU”ma anche il “NOI” per l’appunto.

Insomma, è fondamentale comprendere il bisogno sempre più impellente di costruire un linguaggio equo e inclusivo e che possa migliorare l’esperienza di ogni discente.

È ancora fonte di ricerca e studi trovare strategie che rendano la lingua italiana sempre più inclusiva, ma sono già stati fatti grandi passi avanti e si sta diffondendo una UX che generalmente tiene conto delle diversità (un esempio è la sempre più diffusa possibilità di scegliere il pronome che più ci rappresenta durante le iscrizioni ai social o ai siti).

Per questo la UX più generale, quella con cui abbiamo a che fare ogni giorno quando scarichiamo un’app o accediamo a una newsletter, può essere un altro ottimo spunto per l’e-learning.

Quindi se si tratta di formazione e-learning user centered, centriamo veramente l’obiettivo! Anche quando si tratta di linguaggio.

Le lingue sono sempre il termometro de' costumi, delle opinioni ec. delle nazioni e de' tempi, e seguono per natura l'andamento di questi. (Giacomo Leopardi)

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