E-learning, AI e Data

Tra i trend 2022 delle metodologie dell’apprendimento c’è sicuramente l’intelligenza artificiale. Esiste già, lo sappiamo, ma ci aspettiamo un utilizzo massivo: il grande cambiamento di quest’anno è nell’approccio a questa tecnologia, si passa da un dominio per pochi a un elemento essenziale nei corsi di apprendimento. 

Se inserita nelle piattaforme LMS l’AI può aiutare in innumerevoli circostanze, può innanzitutto rivelarsi utile nei test o può presentarsi sotto forma di chatbot, ma può anche risultare utile in termini di analytics. Tra tutti questi impieghi il più importante per il discente è senz’altro il sistema di automazione che una piattaforma integrata da AI può creare: “sei andato particolarmente veloce in questo argomento, ti piace? Ti consigli di seguire anche questo!”, “ehi, questa verifica non è andata tanto bene. Ti va di seguire un approfondimento?” e così via.

Proprio questa automazione tra i risultati di apprendimento e i contenuti di apprendimento fa sì che nasca la content intelligence.

Che cos’è? È l’AI che si dedica completamente ai contenuti. Mettiamo il caso che tu debba procurare un corso a un determinato target della tua popolazione aziendale, senti l’esperto di contenuto e il team di produzione del corso. Sei sicuro, ora, che in termini di content curation e delivery il corso di apprendimento copra tutti gli argomenti necessari?

La content intelligence ti può aiutare. Come? Attraverso i dati.

Prendiamo il caso che in azienda esistano già corsi e informative su un determinato argomento, innanzitutto l’intelligenza potrà individuare i contenuti di maggior rilevanza e utilità rispetto a ciò che serve al percorso di apprendimento; in questo caso basterà informare l’AI sul fabbisogno di apprendimento, da esso lei riuscirà a creare una vera e propria tassonomia delle competenze necessarie e a sottolineare quali contenuti rispondono al meglio agli obiettivi formativi. Inoltre, può individuare tra i contenuti le aree di sovrapposizione e cercare quale soluzione sia meglio consegnare al learner.

È facile comprendere come una content intelligence possa aiutarci a creare una libreria di contenuti impeccabile e che corrisponda esattamente a quello di cui il discente ha bisogno.

Ci sono poi usi che coinvolgono molto di più l’utente. Ad esempio i chatbot, che si trasformano in veri e proprio tutor dell’apprendimento a cui il discente può rivolgere domande e questioni avendo una risposta quanto più naturale possibile.

Importantissimi sono ora gli sviluppi che si hanno in termini di riconoscimento facciale. Questa tecnologia è disponibile da decenni, ma il suo utilizzo è diventato più evidente negli ultimi anni: ora alimenta soluzioni innovative come le applicazioni per foto personali, l’autenticazione di secondo livello per dispositivi mobili, i filtri che ci trasformano in gattini o ci allungano il naso sui social più famosi e così via. Quando si tratta di apprendimento è molto comoda quando aiuta al nostro schermo di riconoscerci e capire se stiamo prestando attenzione o meno alla lezione. Ad esempio se stiamo guardando un video, qualcuno ci chiama e dobbiamo correre al telefono, questo si interrompe per non farci perdere alcun secondo di contenuto. Oppure risale alle nostre emozioni dalle nostre espressioni del viso, rilevando cosa ci piace e cosa ci annoia. Ci sono poi i video assessment in cui i learner, intervistati da un’AI o da un vero docente, rispondono a una serie di domande e l’intelligenza studia il linguaggio e l’atteggiamento naturale analizzando il suo stile di comunicazione e comportamento. Nel caso in cui volessimo utilizzare l’AI in un evento sincrono, poi, ultimissime ricerche (come quella della giovane Priyanjali Gupta, una talentuosa studentessa di computer science a Vellore Institute of Technology) aiutano a interpretare il linguaggio dei segni e tradurlo per iscritto per renderlo comprensibile ad altri discenti o al docente, nel caso non lo conoscessero.

L’intelligenza artificiale, poi, si può utilizzare legata ai learning data e big learning data, in ottica non solo descrittiva ma anche predittiva. In questo caso aiuta l’applicazione della tecnologia xApi che modifica in tempo reale il percorso del discente ed evitando così il rischio che non porti a termine il corso o che fallisca, adeguandolo ai suoi risultati.

I big data nell’elearning, poi, sono importanti sotto più punti di vista perché studiandoli si può avere una panoramica non solo di come il corso viene assorbito dal singolo discente ma anche dal gruppo e, a seconda dei dati che decidiamo di studiare, può trarne vantaggio o il team di produzione del corso oppure quello delle Risorse Umane. Ad esempio: se io leggo gli analytics legati alle sezioni che gli utenti visitano più spesso e quelle in cui si sono bloccati, alle aree che invece hanno suggerito ad altri colleghi, allo stile didattico che hanno prediletto o all’ora del giorno in cui ottengono i risultati migliori, allora posso improntare meglio la mia progettazione.
Se invece inizio a leggere i risultati e vedo un netto miglioramento/peggioramento oppure noto uno stallo dell’apprendimento, posso decidere di cambiare l’intero processo di formazione oppure mappare le competenze in modo diverso, così da creare anche diversi gruppi di discenti.

Insomma con i Big Data nell’elearning si può fare molto, moltissimo per migliorare i percorsi formativi!

Tante cose sono già state fatte, grazie al loro studio si è potuto migliorare la scalabilità dei corsi sui diversi device, ci sono stati studi e migliorie dal punto di vista grafico quando si è notata un notevole aumento della fruizione da mobile, si sono notate le ore del giorno in cui alcuni corsi venivano fruiti e si è deciso di inserire il podcast come parte di delivery del corso e via dicendo.

Concludendo, la ricerca e lo sviluppo nel campo e-learning non si ferma mai e anche noi in Simulware cerchiamo di trovare sempre le soluzioni più congeniali per i nostri clienti, non perdendo mai di vista la necessità di rendere un corso appetibile ed efficace per l’utente finale.

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