AI Revolution: indietro nella storia per capire il futuro del digital learning

Come l’elearning ha rivoluzionato il mondo dell’apprendimento, introducendo le "macchine" macchine nella formazione, così l’intelligenza artificiale ci sta preparando al prossimo livello. Così prossimo, che ci siamo già dentro, e a volte, senza neanche rendercene conto, stiamo già interagendo con tante intelligenze più o meno virtuali, e lo facciamo quotidianamente. D’altronde, si può fermare il mondo, ma non l’evoluzione tecnologica che sta già potenziando l'AI per andare verso l'OI (organoid intelligence). Cosa significa questo nel mondo del digital learning?

Cercheremo di comprenderlo, ma prima vediamo di capire meglio cos’è e come è nata l’intelligenza artificiale. Esistono infatti molte architetture diverse di intelligenza artificiale, ognuna con capacità e caratteristiche uniche. 

L’evoluzione delle macchine pensanti

1950-1960: la nascita. All’inizio le macchine pensanti erano semplici calcolatrici più grosse, che svolgevano calcoli più velocemente (i cari e vecchi mainframe, bisnonni del nostro tablet). Poi, a metà del secolo scorso i programmatori ebbero la brillante idea di creare macchine che potessero simulare l'intelligenza umana attraverso l'uso di algoritmi e calcoli logici: nacque così l’intelligenza artificiale, ma non quella che conosciamo oggi: in questa fase, le macchine riuscivano a ricreare comportamenti complessi sulla base di un’insieme di regole scritte dall’umano, secondo un’architettura rule-based, e quindi non riuscivano ancora ad imparare ‘da sole’. In pratica, erano dei computer meglio programmati, ma sempre predefiniti in ogni comportamento da un essere umano.

1980-1990: il ConnessionismoNell’epoca del Connessionismo sono state sviluppate le reti neurali artificiali, con un’architettura simile a quella neuronale, e quindi basate sul funzionamento del cervello umano. Se ne sente tanto parlare, ma come funzionano? In pratica, il programmatore definisce una serie di scelte, ma starà poi alla macchina scegliere quali attivare o meno, a seconda di un particolare addestramento per cui viene sottoposta a degli stimoli a cui le viene chiesto di rispondere in un certo modo. Dei particolari algoritmi di apprendimento automatico furono utilizzati per addestrare i modelli dell’intelligenza artificiale a tenere conto delle complesse interconnessioni dei dati. E, per la prima volta nella storia, un computer è riuscito ad apprendere qualcosa, dalla propria esperienza, senza che sia stato un umano a prevedere quel comportamento come una regola scritta nel software. È l’epoca del machine learning. Negli anni successivi, l’applicazione delle reti neurali ha iniziato a ottenere risultati significativi in diversi campi che oramai tutti conosciamo, come il riconoscimento vocale, la traduzione automatica e la classificazione dei testi.

2010-2020: il Deep Learning. Con il procedere della ricerca in ambito tecnologico, finalmente è stato possibile collegare fra loro tanti database (che in passato erano scritti con differenti linguaggi di programmazione e quindi non erano in grado comunicare fra loro). Questo ha reso disponibile in una sola volta quantità di dati prima impensabili, già etichettati e categorizzati, e pure un’intelligenza adeguata ad interpretarli. Infatti, la capacità di apprendimento delle reti neurali, applicata ai big data, ha permesso ai modelli di apprendere rappresentazioni sempre più complesse di dati fino ad arrivare, ad oggi, all’obiettivo della cosiddetta Intelligenza artificiale generale o Transformer (AGI dall'inglese artificial general intelligence o Strong AI).

2020: il Transformer. Mentre l’intelligenza artificiale debole o "ristretta" non ha lo scopo di possedere abilità cognitive generali, ma piuttosto di essere in grado di risolvere esattamente un singolo problema, l’AI “forte” sembra quasi avere una coscienza o una "mente" equiparabile a quella umana, e possiamo interagire con la macchina attraverso il linguaggio naturale, proprio come se stessimo parlando con una persona vera. È il caso di chat GPT (che sta infatti per Generative Pre-Trained Transformer), con cui spesso abbiamo l’impressione di interagire veramente con un essere umano (e quindi queste macchine di fatto superano il famoso test di Turing, secondo cui, in sintesi, un umano non riesca a riconoscere che dall’altra parte c'è una macchina anziché un’umano). La macchina quindi può imparare di tutto, e può imparare anche tanto su di noi. Più di quanto noi stessi conosciamo di noi stessi.

Quali sono quindi i vantaggi immaginabili per il digital learning?

Le direzioni in cui impatta l’AI sono molteplici e variegate. Tutte queste sono tecnologie sostanzialmente nuove, e la loro applicazione è perlopiù sperimentale. In quali ambiti impatteranno prima secondo noi?

  • Personalizzazione dell'apprendimento: la capacità di tenere traccia delle nostre interazioni e di analizzarle in tempo reale, permette al sistema di apprendimento di personalizzare i contenuti a seconda dei bisogni formativi espressi, della misurazione concreta delle nostre capacità attuali (test-in) e delle preferenze che hanno espresso altri utenti con un profilo simile al nostro, fino ad arrivare alla formulazione di nuovi obiettivi didattici scelti espressamente per noi.  
  • Recommendation System: gli algoritmi dell’AI che conoscono le nostre preferenze e necessità, ci suggeriscono contenuti, risorse e percorsi di apprendimento personalizzati in base ai bisogni e alle preferenze degli studenti. Come non esiste una persona uguale ad un’altra, così non esiste un apprendimento uguale all’altro. Il contenuto stesso può essere modificato ed espresso a seconda del livello di competenza dell’utente e in base alle esigenze individuali.  
  • Maggior coinvolgimento: grazie alle simulazioni e realtà virtuale, l'intelligenza artificiale può essere utilizzata per creare simulazioni interattive e ambienti di realtà virtuale che consentono agli studenti di sperimentare situazioni pratiche e migliorare le loro competenze in modo più coinvolgente e realistico. Inoltre, attraverso i sistemi di monitoraggio, l’AI è in grado di fornire un feedback immediato agli studenti sul loro rendimento, aiutandoli a identificare errori e a migliorare le loro competenze nel momento stesso in cui stanno apprendendo.  
  • Virtual tutor o virtual teacher: i chatbot e gli assistenti virtuali alimentati dall'intelligenza artificiale forniscono risposte immediate e personalizzate alle domande degli studenti: dall’assistenza nell'uso del software, a poter fornire chiarimenti sui contenuti didattici, con un grado di competenza che varia a seconda del grado di specializzazione dell’AI. Proprio come un bravo insegnante, l'intelligenza artificiale utilizzata nel virtual teacher apprende dagli errori degli studenti e migliora continuamente le sue capacità di insegnamento, fornendo suggerimenti, risorse aggiuntive o esercitazioni supplementari e adattandosi alle necessità, capacità e stile di apprendimento individuali per offrire un'esperienza di apprendimento personalizzata e di alta qualità.  
  • Supporto ai docenti: analizzando grandi quantità di dati sugli studenti, gli algoritmi permettono agli insegnanti di identificare i migliori modelli di apprendimento, individuare aree di difficoltà e prendere decisioni informate per migliorare il processo formativo, aiutandoli cosi nella progettazione di corsi, nella creazione di contenuti didattici e nella pianificazione delle lezioni, e suggerendo approcci educativi efficaci e personalizzati. 
  • Assessment: l'intelligenza artificiale può valutare automaticamente i compiti degli studenti, come quiz, test e lavori scritti, raccogliendo tutti i risultati in un unico database di contenuti, che si collega al singolo individuo entrando a far parte del suo portfolio formativo. Ecco alcune delle principali modifiche che l'AI ha apportato all'assessment:
  • Automazione: i compiti ripetitivi come la correzione di test a risposta multipla o la valutazione di requisiti specifici possono essere gestiti da algoritmi AI, riducendo così il carico di lavoro dei valutatori umani.
  • Valutazione in tempo reale: i software di registrazione delle prestazioni possono monitorare l'attività di un individuo durante un compito e generare un feedback istantaneo a riguardo. Questo consente una valutazione in tempo reale delle competenze e delle prestazioni.
  • Personalizzazione: gli algoritmi analizzano i dati raccolti durante il processo di valutazione e individuano i punti di forza e di debolezza di un individuo, fornendo così un assessment su misura per le sue capacità.
  • Intelligenza emotiva: gli algoritmi possono analizzare le risposte scritte o le espressioni facciali di un individuo per valutare le sue capacità emotive e sociali.
  • Riduzione del pregiudizio: gli algoritmi possono prendere decisioni basate solo sui dati e sui criteri di valutazione prestabiliti, eliminando così eventuali pregiudizi o preferenze personali dei valutatori umani.

Tuttavia, è importante ricordare che tutti questi sono solo strumenti a disposizione dell’essere umano, non sistemi che possono decidere in autonomia. Dietro alla macchina ci deve essere sempre l’essere umano. Occorre infatti considerare alcune sfide e criticità associate all'utilizzo dell'AI specialmente nell'assessment, come la possibilità di incorrere in errori di valutazione o nel mancato riconoscimento di aspetti più complessi dell'essere umano. Su queste tematiche, da Asimov in poi, scienziati ed esperti si stanno confrontando per stilare le linee guida per sviluppare sistemi di supporto all’uomo eticamente sostenibili. 

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